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Chiara Zamboni, Pensare in presenza

 

Pensare in presenza.
Conversazioni, luoghi, improvvisazioni

di Chiara Zamboni

 

Liguori Editore, Napoli 2009
(collana Teorie & Oggetti della Filosofia, 66)
pp. 185,
€ 18,50, ISBN 978-88-207-4631-5

 

 

 

 

 

A partire dai nuovi modi di porsi e di relazionarsi agli altri che hanno contraddistinto la rivoluzione femminista degli anni Settanta del secolo scorso, Chiara Zamboni indaga le pratiche all’opera nel ragionare con gli altri e nel pensare in presenza (per esempio nell’ambito dei gruppi di autocoscienza) e tematizza il senso sorgivo della parola viva scambiata con l’altro e la sua capacità di inaugurare un nuovo modo di vivere e di pensare, un con-essere che dà vita anche a un nuovo modo di filosofare insieme. Si tratta certamente di pratiche differenti rispetto a quelle classiche che hanno tradizionalmente presieduto alla creazione della sedimentazione culturale, affidata soprattutto alla scrittura, ci si trova infatti confrontati piuttosto a improvvisazioni disciplinate, quali quelle che conosciamo dalla pratica musicale del jazz, a scambi vivi ed imprevedibili che si alimentano ad esperienze diverse, indagate con grande sensibilità dalle intellettuali del Novecento negli ambiti, per esempio, della psicoanalisi, del teatro, della letteratura, dell’architettura. Il paragrafo scritto in onore della psicoanalista Frieda Fromm Reichmann ricostruisce, per esempio, la sua presenza e la sua aura nei gruppi di ricerca ai quali partecipò e che si esprimeva nella capacità tranquilla e riservata di catalizzare le energie di tutti e di portarle ad espressione in un’esperienza genuina di confronto e di creatività. L’azione teatrale, con le sue componenti di presenza fisica, ma anche di confronto con la propria fragilità, oltre che con lo spettatore, è indagata da Zamboni a partire dalla ricerca di Jerzy Grotowski, ma soprattutto nel confronto con l’attrice Julia Varley, dell’Odin Teatret. Assai significativo risulta anche il contributo apportato da architette quali Eileen Gray e Lina Bo Bobardi, che nel Novecento hanno cercato di ripensare i luoghi del vivere quotidiano secondo una nuova sensibilità attenta al rapporto con le persone, ma anche con le cose e con l’ambiente naturale. Si tratta per Zamboni di ripensare il nostro essere insieme e il vivere la presenza anche secondo gli aspetti inconsci e non verbali degli intrecci che si vengono a creare non solo con gli altri, ma persino con i luoghi che ci circondano. In questo la cultura del Novecento è stata a suo parere particolarmente sensibile e attenta, soprattutto attraverso scrittrici e filosofe quali Virginia Woolf, Etty Hillesum, Simone Weil, Maria Zambrano, Iris Murdoch, Judith Butler, che con sensibilità hanno indagato sugli spazi e sugli ambienti, sulla presenza del sacro, sulla sapienza di muoversi nell’indeterminato rinunciando alla padronanza, ma non all’intelligenza della realtà.

 

Un punto di riferimento costante di Chiara Zamboni è naturalmente l’esperienza della comunità filosofica raccoltasi a Verona intorno al gruppo di “Diotima”, che nell’organizzazione dei suoi seminari e dei suoi incontri ha sempre cercato di sperimentare nuovi modi di pensiero nella pratica orale dello scambio e della reciproca sollecitazione, mettendosi alla prova persino in un procedere a tentoni inteso a saggiare potenzialità, ambiguità, sorprese. Un altro rimando essenziale del testo è anche l’indagine sulla lingua, innanzitutto la lingua madre, considerata anche secondo i modelli spontanei o culturalmente ritualizzati della conversazione, così come secondo i meccanismi tradizionalmente studiati dalla retorica e dalla poetica nell’indagine, per esempio, sull’allusione o la ripetizione, sulla persuasione, sull’argomentazione o sulla comunicazione in genere. Ma si tratta sempre in realtà di attivare la ricerca della verità, che in fondo è quanto sta davvero a cuore all’autrice nell’esperienza sorgiva ed aurorale che il sentimento della presenza consente e che può diventare un nuovo modello autenticamente politico di relazione aperta e liberatrice, capace di creare discontinuità nei significati sclerotizzati per rimettere autenticamente in gioco il pensiero nella libera e spontanea circolazione delle idee.

 

(Gabriella Baptist)

 

 

Indice:

 

Introduzione

 

Parte prima – Le forme dello scambio vivo di pensiero

 

Capitolo primo – Improvvisazioni

Capitolo secondo – Figure del pensiero nascoste nella lingua comune

Capitolo terzo – Ruminare in silenzio

Capitolo quarto – Retorica e persuasione

Capitolo quinto – Avere saggezza nel dire il vero

Capitolo sesto – L’accendersi della presenza. In onore di Frieda Fromm Reichmann

 

Parte seconda – Il sentimento della presenza

 

Capitolo primo – Presenza

Capitolo secondo – Il sacro

Capitolo terzo – A scuola di teatro

Capitolo quarto – Luoghi

Capitolo quinto – Godimento della presenza: lievito politico

 

Bibliografia