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Le espressioni del racket e lo spirito

Le espressioni del racket e lo spirito*
 
di Max Horkheimer
 

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(vedi anche l'introduzione di  V. Cuomo)

La forma fondamentale del dominio è il racket. È possibile che, come alcuni ritengono, nell’orda primitiva un singolo tiranno guidasse e difendesse il tutto, peraltro anche in questo caso si configura una gerarchia, attraverso la graduazione della forza tra il tiranno stesso e i membri più deboli dell’orda. I maschi immediatamente subordinati al capo custodiscono altrettanto gelosamente i propri privilegi nei confronti dei meno forti quanto questo avviene nei loro confronti da parte del patriarca. A partire dall’invenzione degli strumenti di lavoro il rango non è più determinato soltanto dalla forza fisica, ma altrettanto dal modo di vivere prescritto agli uomini dalla natura degli strumenti. Armi migliori, metodi di coltivazione del suolo collegati alle caratteristiche peculiari del territorio consentono un’esistenza più vantaggiosa. Allorché si raggiunge un nuovo stadio di sviluppo, la ricaduta nella fase precedente è scongiurata in genere non solo attraverso le nuove abitudini e i nuovi bisogni, ma anche attraverso la suddivisione degli interessi che si instaura sulla base dei nuovi metodi. Si formano così esigenze particolari e abilità a queste corrispondenti che si sviluppano in opposizione al resto della società a seconda delle posizioni assunte dai singoli individui e dai gruppi nella nuova divisione del lavoro. Attraverso le loro capacità, attraverso l’occupazione delle posizioni chiave nell’apparato sociale, si modifica la gerarchia del potere, originariamente fondata puramente sulle potenzialità naturali, finché, nel corso dello sviluppo, questa non corrisponde infine alla seconda natura, alla natura sociale, non più quella della forza, ma quella della posizione. La prima natura, sulla quale la società resta comunque ancora fondata, è mutilata e schiavizzata.

La separazione tra sopra e sotto, dominio e dominati, si basa sull’organizzazione di ogni singolo gruppo di potere al proprio interno e nei confronti di coloro che si trovano ad esso sottoposti. Verso l’alto ogni gruppo è relativamente amorfo, infatti l’organizzazione è caratterizzata nel tempo dallo sforzo di non scivolare verso il basso. Organizzazioni con il vertice puntato verso l’alto non hanno posto nella gerarchia consolidata, sono senza funzioni economiche regolari e riprendono vigore in azioni rivoluzionarie dopo periodi di illegalità. Nella storia, allorché imprese di questo tipo hanno avuto successo, il gruppo dei funzionari e dei loro committenti ha subito preso posto nella gerarchia modificata e si è irrigidito verso il basso. Tale gruppo continua a svolgere la sua funzione sociale oppure ne assume una nuova, che da subito inizia a monopolizzare. Irrigidimento significa monopolizzazione dei privilegi che si possono ottenere sulla base di determinate prestazioni regolari nel processo sociale. La proprietà privata dei mezzi di produzione fu l’irrigidimento decisivo di una funzione, e cioè dell’autorità di comando nella produzione di merci durante l’epoca industriale.
La categoria più generale delle funzioni esercitate dai gruppi è la protezione. I gruppi mantengono le condizioni per la prosecuzione di quella divisione del lavoro all’interno della quale essi hanno una collocazione privilegiata e respingono violentemente quei cambiamenti che potrebbero compromettere il loro monopolio. Queste sono le espressioni del racket. Le classi dominanti rappresentano volta a volta la struttura del racket sulla base di un determinato modo di produzione, nella misura in cui insieme proteggono e reprimono gli strati inferiori. Queste del resto, a seconda del dinamismo economico attraverso il quale si formano i loro interessi materiali, possono anche essere divise tra di loro, possono addirittura mantenere e ampliare consapevolmente o inconsapevolmente la loro divisione, affinché le loro funzioni di protezione ne risultino così consolidate. Il rapporto della classe dominante all’unificazione del dominio fu sempre complicato. Nel Medioevo la relazione ambivalente tra il potere dell’imperatore e quello del papa fu talvolta più conveniente per il contenimento delle forze centrifughe che non una loro fusione. Anche il mantenimento degli Stati nazionali negli ultimi cent’anni è servito solo in parte agli interessi specifici delle burocrazie nazionali, anch’esso è tornato a vantaggio del sistema dei vari racket nel suo insieme.
L’inasprimento del racket verso il basso è identico all’inasprimento degli individui che lo costituiscono. Nell’intero corso storico è stato praticato coscientemente. Per i propri figli consisteva nell’educazione. Solo nei periodi più liberali, nei quali una determinata parte dei vari racket non doveva essere convertita in contanti per motivi economici di carattere vincolante, questa ha assunto tratti umani. Precedentemente somigliava ancora in crudeltà ai riti di iniziazione del clan primitivo, che era esso stesso un’incarnazione del racket. Per gli individui che non hanno già il diritto di essere accolti in un racket per motivi di discendenza, la procedura assomiglia non all’inserimento dei più giovani nel clan, bensì all’iniziazione nel racket privilegiato dei maghi. Si esige la completa frantumazione della personalità, si richiedono garanzie assolutamente vincolanti della futura affidabilità. L’individuo deve rinunciare ad ogni potere, deve tagliare i ponti dietro di sé. Come il vero Leviatano, il racket esige il contratto sociale senza riserve. Una catena di passaggi successivi conduce dal sacrificio della propria stessa madre che il futuro mago deve offrire al proprio racket, fino alla dissertazione discussa nelle Università, grazie alla quale l’adepto dimostra che il suo pensiero, il suo sentire e il suo modo di parlare hanno assunto irrevocabilmente le forme del racket accademico. La capacità di prestazione rappresenta un incentivo in determinate situazioni, ma mai un titolo vincolante nei confronti del racket, tale da costringerlo ad accogliere l’outsider. Titoli legali ufficiali confermano semplicemente l’appartenenza ad un racket. Lo Stato che sottoscrive in nome di tutti conferma così che il possessore di quel titolo appartiene ad un racket e perciò è integrato nel sistema. Titoli legali e illegali, appartenenza al bel mondo e al mondo dei bassifondi si distinguono tra di loro per il fatto che il bel mondo dispone di un’organizzazione complessiva, nessuno deve sfuggire alla sua protezione, chi è proscritto dalle sue rappresentanze è perduto. Anche in caso di conflitto aperto tra le varie organizzazioni di copertura, è ancora sospetto all’una quell’individuo che ha avuto difficoltà troppo severe con l’altra. Deve restare al di sopra di ogni dubbio il fatto che non la mancanza di capacità di adattamento, bensì circostanze lontane dal nocciolo del problema motivano il passaggio dall’uno all’altro schieramento. Benvenuto fu per i Volsci l’esule Coriolano, di cui brillava ancora l’affinità con il dominio. Egli era un uomo del racket aristocratico e aveva qualità di condottiero che sempre sono un’ottima referenza. Lo schiavo fuggitivo è invece il simbolo del contrario.
Quando un’organizzazione è così potente da garantire il mantenimento della sua volontà all’interno di un certo ambito geografico come regola stabile di comportamento per tutti gli abitanti, allora il dominio delle persone assume la forma della legge. Questa fissa i relativi rapporti di potere. Come medium stabilito, il diritto assume una sua propria natura e capacità di resistenza, come anche altre mediazioni. In quanto diventa un elemento sostanziale dello spirito, esso assume in sé come idea necessaria l’armonia di universalità e particolarità. Il senso e il fine del diritto di servire da norma nella vita sociale condiziona il suo prescindere dalla persona determinata e dal passato, condiziona la sua validità a favore e contro ciascuno a partire dal giorno della sua promulgazione fino alla sua revoca pubblica. Il mezzo del dominio si contrappone a quest’ultimo come quella riflessione in cui il dominio stesso si smaschera. Con l’incremento della chiusura verso il basso, con l’irrigidimento del monopolio, la società che si plasma in senso totalitario conduce la sua battaglia contro il diritto, contro tutte le mediazioni che hanno acquistato vita propria e che esistono nelle forme del linguaggio. In opposizione allo spirito si configura la fondamentale illegalità del racket, anche laddove quest’ultimo non solo è legale, ma si trova alla base delle leggi. Dacché esiste una legalità, questa ha i tratti dell’illegale. Il racket non conosce alcuna pietà per la vita che ne è al di fuori, ma conosce solo la legge della propria conservazione. Sottoposta a monopolio, la lingua si irrigidisce diventando un sistema di segni, più muta e inespressiva dei segnali Morse o dei sistemi con cui comunicano bussando i detenuti. La lingua perde completamente il senso dell’espressione. È un meccanismo nella produzione, come una leva o come i fili elettrici, una calcolatrice dell’amministrazione, una quintessenza delle pratiche di suggestione. Gli scambi spirituali tra gli individui si riducono al mostrare e all’identificare marchi di riconoscimento. Il discorso prova che chi parla è leale nei confronti delle espressioni del racket, oppure lo smaschera come il cospiratore che fa vedere la lama del pugnale. La lingua irrigidita implora giustizia al cielo come se si trattasse di ceppi nudi di alberi in campi di battaglia abbandonati. Essa denuncia il mondo dei racket che deve servire. La bomba madre che, lanciata dall’aeroplano, rilascia venti piccole bombe e dilania non solo una volta, ma venti volte il frutto delle madri, è accusata della sua caratteristica infernale appunto dal nome della madre, che gli fa pubblicità. Il bosco morto delle parole di quest’epoca testimonierà ancora contro di essa, quando sarà passata.
Ogni racket congiura contro lo spirito e tutte le sue varianti si alleano tra di loro nella cospirazione. È immanente allo spirito la riconciliazione di universale e particolare, al racket invece la loro opposizione inconciliabile e il suo mascheramento nelle idee di unità e di comunità. Non è il dominio in sé ad essere malvagio, ma il chiudersi e l’irrigidirsi nel dominio che definisce il racket. Dai bisbigli nel consiglio degli anziani del clan primitivo fino agli accordi tra l’industria e l’esercito in club e sale di consiglio, il dominio storicamente dato si qualifica come quel dominio scellerato che ha anche la coscienza sporca. La brutalità dei sottoposti, davanti ai quali si deve preservare il segreto del governo, non è primaria, ma indotta socialmente. La collettività sanguinaria che attraversa spaventosamente la storia dell’umanità è solo l’altra faccia delle varie espressioni escludenti ed esclusive del racket, il loro prodotto consapevole o inconsapevole. Gli abiti dismessi degli aristocratici continuano a vivere nei costumi popolari, le espressioni del racket della classe dominante sopravvivono come brutalità dei più forti contro i più deboli, come l’indescrivibile bassezza della marmaglia contro l’impotenza. È il racket del poveraccio, di un valore culturale ormai decaduto. Sempre le varie espressioni del racket hanno addotto la spaventosità delle aggregazioni collettive da loro prodotte e guidate a motivo della loro stessa necessità, e la scempiaggine disastrosa degli storici ha preso per pura e semplice natura la maschera sfigurata della massa. Finora il racket ha impresso il suo sigillo a tutti i fenomeni sociali, ha dominato come racket del clero, della corte, dei proprietari, della razza, degli uomini, degli adulti, della famiglia, della polizia, del crimine, e all’interno di questi stessi ambiti si è profilato in singole espressioni del racket contro il resto della sfera in questione. Dappertutto ha instaurato l’opposizione tra dentro e fuori, l’uomo che non apparteneva ad alcun racket era fuori in un senso radicale, l’uomo in quanto tale era perduto. Ma nella testa del singolo dominavano ancora le espressioni del racket attraverso concetti e schemi di giudizio, modi di pensare e contenuti che provengono da quel mondo. Aprire un varco nel confine tra dentro e fuori è lo scopo della politica, realizzato il quale il mondo si trasformerà. Nella vera idea della democrazia, che nelle masse conduce un’esistenza rimossa, sotterranea, il presagio di una società libera dal racket non si è mai del tutto estinto. Svilupparne l’idea significa certamente interrompere una gravosa suggestione che colloca la vera critica al racket ancora al suo servizio**.
 
Traduzione dal tedesco di Gabriella Baptist

 

 

* Die Rackets und der Geist, in Gesammelte Schriften, vol. XII: Nachgelassene Schriften 1931-1949, a cura di Alfred Schmidt e Günzelin Schmid Noerr, Frankfurt a.M., S. Fischer, 1985, pp. 287-291 [Aufzeichnungen und Entwürfe zur Dialektik der Aufklärung 1939-1942].

** «servizio»: cancellazione di F.[riedrich]P.[ollock] / dattiloscritto di M.[ax]H.[orkheimer]: «servizio e appunto ora si accinge, sotto la copertura dell’attacco al racket indebolito del capitale finanziario, a diffondere su tutta la terra la dittatura fascista dei monopoli industriali in veste di democrazia».