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Il presente, di Eleonora Sedioli


Il respiro del tempo.
Il presente di Eleonora Sedioli – Masque Teatro
Forlì, settembre 2013


 

Un pistone pneumatico poggia su un piano di legno, sostenendo una lamiera metallica ondulata, flessuosa. Posato sulla superficie d'acciaio, un corpo riposa. Il polmone della macchina, accarezzato da una luce calda e soffusa, prende lentamente vita, e alla prima insufflazione la figura emerge dall'onda liscia iniziando a comporsi. Il tronco, che si intuisce vigoroso ma leggiadro, esce solo parzialmente dall'ombra, nella quale tenta di produrre i suoi arti, formazioni provvisorie che vengono continuamente spostate e riassorbite, dando luogo a una continua metamorfosi che moltiplica il corpo: non è possibile riconoscerne la singolarità, non è possibile individuarne gli estremi. Il movimento respiratorio della macchina, divenuta ulteriore organo proiettato fuori dal corpo, scandisce le possibilità di mutazione della figura, distesa, eretta, ma mai separata dal diaframma metallico che ne garantisce e allo stesso tempo ne limita la stabilità. Spinta dalle valvole, l'onda si modifica, imponendo nuove geometrie corporee. All'aumentare della luminosità, il movimento che consente il passaggio da una postura all'altra si fa elegante, felino, e una volta rese evidenti le sue parti, riconosciamo un corpo femminile, mai sfacciato nella sua nudità, mai ingombrante, piuttosto delicato, soffice, nella plasticità delle forme che assume. La grazia della composizione non viene alterata dall'esposizione e dal movimento di muscoli poderosi: essi paiono formarsi nell'istante stesso dell'incontro con lo sguardo.

Se, come scrive Gilles Deleuze, dipingere la variazione degli organi che si installano sul corpo è un modo di dipingere il tempo, negli undici minuti della performance è proprio il respiro del tempo ad essere presentato da Eleonora Sedioli attraverso le trasformazioni che il suo corpo percorre. Quel corpo abile e forte a partire dal quale, come accade sempre più spesso nei lavori di Masque Teatro, si disegna l'intera composizione scenica.

La precisione dei movimenti della performer, frutto di una rigorosa pratica di esercizio, condotta negli anni in direzione di una sempre maggiore astrazione del gesto, si inserisce nella ricerca di una relazione viva con gli elementi della scena, ed in particolare con le complesse strutture architettoniche o spaziali che accolgono il corpo com-portandosi come una casa, o una tana, che la figura abita e in cui costruisce il proprio mondo, il proprio ambiente, cercando la propria collocazione. Si tratta di una cifra stilistica ricorrente per la compagnia: l'interazione tra il corpo e la macchina, tra la figura e la struttura, a proposito della quale Masque parla di «divenire simbiotico», è al centro dell'indagine condotta fin dai primi lavori. Il corpo vive letteralmente l'oggetto che lo ospita, veicolando sulla propria superficie il recepimento di tale contatto. E non in modo banale: le posture che si alternano alle fasi dinamiche sono spesso ardue da mantenere, talvolta dolorose, ma nonostante ciò lo sforzo estremo e anche di lunga durata che occorre per conquistarle non appare mai affaticante, il corpo risulta ogni volta agile, leggero pur nell'intensità della sua consistenza.

Se il piano materiale della struttura è la base a partire dalla quale l'astrazione geometrica del movimento progredisce, è evidente che il lavoro della performer non si costruisce attraverso indicazioni preordinate, ma su sensazioni concrete, ed in primo luogo su una percezione visiva e tattile dell'immagine del proprio corpo, interiorizzata anche attraverso la pelle, attraverso il contatto con le superfici, attraverso le loro temperature: la sua nudità è in questo senso la definitiva eliminazione di qualsiasi ostacolo tra sé e la propria visione di sé. Così, se la lamiera metallica di Il presente, fredda e dura, genera per contrasto un movimento morbido e sinuoso, l'arpa sventrata di Just intonation (2011)lasciava invece emergere dalla ruvidità delle corde e dal suono picchiato che ne veniva provocato un essere ferino, potente e mostruosonella sua capacità di alterarsi violando la propria natura. In realtà, il giocare sulla con-fusione di tratti umani ed animali è un altro dei caratteri stilistici del lavoro fisico di Eleonora Sedioli. In una composizione che procede per formazione e de-formazione, il corpo, a sua volta mutevole e metamorfico, tende sempre più spesso a perdere la propria connotazione umana, con gli arti che si rendono autonomi dal tronco ed iniziano a danzare. Fattosi pura sostanza deformabile, il corpo della performer dà vita a serie di figure e presenze molteplici, dove non è più possibile riconoscere con esattezza le parti che vengono mostrate: davanti-dietro, alto-basso, spalle-glutei, braccia-gambe, si sdoppiano e si moltiplicano fino a dis-organizzare qualsiasi punto di riferimento. Le stesse forme animali sono sapientemente suggerite e subito revocate: il movimento rifiuta di nutrire il persistere di qualsiasi immagine referenziale, è la sua stessa purezza che ricerca. Non ci si aspetti dunque di riconoscere un immaginario particolare alla base della creazione, ma soltanto una spinta costante ad andare verso forme sempre più astratte, fuori dall'umano, e a produrre un movimento svincolato da una propria consequenzialità.

E come si fa ad eliminare il carattere di umano? Primo: cancellare la carne. Le ombre che si posano sul corpo, giocando sull'alternanza dei riverberi luminosi, danno luogo a una consistenza scultoreo-pittorica che avvicenda zone tridimensionali ad altre apparentemente bidimensionali. Il corpo nudo, sporcato di una velatura nera che lo cosparge, ha già perso ogni aspetto seducente, carnale, e i colpi di spugna, o di spazzola, che sembrano s-contornarlo ne alleviano ulteriormente la percezione. Inoltre, anche una volta che il corpo viene preso nelle sue torsioni, nei suoi stiramenti e accartocciamenti, la coscienza del proprio apparire e la maestria nell'esercitarlo decostruiscono i tratti distintivi della sua femminilità, rendendolo, con grande delicatezza, un corpo, dalle parti intercambiabili e costantemente revocate. Anche in questo senso si può affermare che sia la necessità di mostrare o celare determinate parti del corpo per lasciare intuire nuovi rapporti tra di esse che lavora la composizione, conducendo la figura verso la disarticolazione, la degerarchizzazione e messa in movimento delle sue componenti. E il persistente nascondimento del volto, segno estremo della negazione dei tratti umani, consolida la volontà di eludere ogni possibilità di definizione della figura, sempre più presa nel suo divenire impercettibile, irriconoscibile. Solo quando il viso si cancella, quando i tratti di viseità scompaiono, si può stare certi che si è entrati in un altro regime, in zone infinitamente più silenziose e impercettibili, dove si operano divenire-animali e divenire-molecolari sotterranei, scrive ancora Gilles Deleuze con Félix Guattari. Se i due filosofi francesi, punto di riferimento costante nel lavoro di Masque Teatro, parlano in Mille Piani del tentativo di sfuggire al viso come di una via per oltrepassare i limiti del sistema significante, vediamo qui all'opera un divenire letterale di questo principio: il volto di Eleonora Sedioli rimane sapientemente nell’oscurità, viene assorbito dai movimenti del corpo, non si dà alla percezione se non per marcare la propria assenza.

Ormai divenuto corpo che sfugge, che non si fa afferrare nonostante la sua consistenza materiale, l'intensità del suo apparire, la geometricità del suo movimento, ciò che si manifesta sulla scena, una volta assorbito in sé lo spazio, è la possibilità di trasferire su un piano temporale la relazione con esso: nelle ultime brevi composizioni di Masque, dove l'operare di questa straordinaria performer conquista una posizione centrale e generatrice dell'accadimento scenico, la figura si fa dunque macchina per la produzione di rapporti temporali, mostrando su di sé la variazione che l'agire delle componenti, messe a funzionare insieme, contribuisce a creare.


Le immagini fotografiche si Lorenzo Bazzocchi non costituiscono una illustrazione documentale dello spettacolo, ma sono presentate come costruzioni a sé, atte a rivelare particolari aspetti della composizione o a vivere una propria dimensione artistica collaterale. In quanto tali, dipingono una nitidezza e una luminosità che non sono proprie della scena, la quale lavora piuttosto su uno spaesamento della percezione, qui evidentemente negato.

Documento video dello spettacolo:  http://vimeo.com/74619449

 

Il presente (2013)
di e con : Eleonora Sedioli
macchine: Lorenzo Bazzocchi
elettronica: Matteo Gatti
produzione: Masque teatro
 
Masque Teatro – www.masque.it
Masque Teatro, gruppo attivo sotto la guida di Lorenzo Bazzocchi fin dal 1992, ha sede a Forlì. Eleonora Sedioli, performer, inizia il suo percorso con Masque a 23 anni. Le figure create attraverso il suo movimento sono al centro della loro creazione scenica.
Prossimi appuntamenti:
Just Intonation
6>17 novembre 2013, Housemates.2 – CRT – Teatro dell'Arte | Milano
19 novembre, Angelo Mai Italia Tropici | Roma